Monte Lefre, imponente sperone roccioso allungato verso il Brenta, durante la guerra rivestì un ruolo fondamentale. Sfruttato inizialmente come osservatorio, dopo la Strafexpedition venne trasformato dall’esercito italiano in un importante caposaldo di prima linea.
Prima di intraprendere un’escursione invitiamo a verificare sempre le condizioni del tracciato da percorrere presso le Aziende di Promozione Turistica e sul sito della SAT Società Alpinisti Tridentini.
ITINERARIO
Dall’abitato di Pradellano, sulla provinciale Strigno - Tesino, parte la strada che conduce fino alla cima del monte Lefre e al rifugio omonimo. La si segue fino all’ultimo tornante, presso il quale si può parcheggiare. Un cartello recita “Forti e trincee guerra 14-18”. Seguendolo ci si inoltra nel bosco in discesa, lungo la strada forestale, arrivando in pochi minuti ad una spianata dove i segni delle costruzioni militari sono piuttosto evidenti. È possibile esplorare la zona, facendo però molta attenzione a non avvicinarsi agli strapiombi che precipitano sulla Valsugana. In quest’area si aprono diverse gallerie alle quali è meglio non accedere: si possono, invece, ammirare in piena sicurezza le iscrizioni conservate vicino agli ingressi.
Proseguendo si arriva a un largo spiazzo: bisogna lasciarlo sulla destra e salire verso sinistra, sempre seguendo la forestale, che non è segnalata ma è comunque molto evidente. Si torna, così, in vista della strada asfaltata, a pochi metri di distanza dall’auto. Un cartello segnala la partenza del sentiero militare. Lo si segue in salita fino a giungere al rifugio, per poi aggirare la struttura e continuare a camminare nella direzione indicata dal tabellone “La montagna racconta”.
Di nuovo il percorso conduce nel bosco. Ai lati saltano all’occhio i resti delle strutture militari: muretti, trincee e la strada stessa che si sta percorrendo ricordano la permanenza di soldati in quest’area. Per la sua particolare conformazione, su monte Lefre le strutture difensive e quelle più legate alla vita quotidiana convivevano.
In una decina di minuti di cammino si arriva all’entrata dell’osservatorio. Sopra l’ingresso una targa ricorda la compagnia del Genio che lavorò alla sua costruzione, mentre all’esterno un tabellone in legno racconta la storia del caposaldo. La galleria è ampia e sicura e, munendosi di torcia elettrica, è possibile entrarvi per visitarla. Le quattro feritoie offrono interessanti scorci sulla valle sottostante. Da qui i comandi italiani studiarono e coordinarono le azioni belliche messe in atto nel settore della Valsugana.
Usciti dall’osservatorio si riprende a camminare. La strada lascia posto ad un sentiero e in pochi metri porta al belvedere: da qui si apre un magnifico panorama sulla vallata e sui monti circostanti, dall’altopiano di Asiago al Lagorai, fino al gruppo di Rava. Proseguendo lungo le scalette rocciose si arriva al secondo punto panoramico, dove una tabella indica i nomi delle montagne e due panchine invitano alla sosta. Entrambi i balconi sono protetti da reti metalliche e sono, dunque, perfettamente sicuri. Dietro le panchine, tra la vegetazione, si nota una postazione in cemento della contraerea.
Si scende ora dal lato opposto, passando a fianco delle reti che delimitano il punto dove sbocca uno dei rami inagibili della galleria-osservatorio. Si attraversa l’area pic-nic e si ritorna sulla via percorsa all’andata. Giunti nuovamente al rifugio, lo si supera per arrivare alla strada asfaltata. Si può scegliere di discenderla per rientrare in pochi minuti alla macchina, oppure si può effettuare una breve deviazione seguendo le indicazioni per la chiesetta alpina, inaugurata nel 2003 e dedicata ai caduti delle due guerre mondiali.