Corno di Cavento

Corno di Cavento_croce di vetta_MGR

ATTENZIONE: la galleria del Corno di Cavento è attualmente CHIUSA per motivi di sicurezza.

Itinerario di tipo alpinistico che richiede due giorni, attrezzatura ed esperienza di progressione in alta montagna.

L’escursione ci porta in uno degli ambienti più suggestivi della guerra bianca, alla scoperta del Corno di Cavento, cima aspramente contesa dall'esercito italiano e austro-ungarico, e della straordinaria galleria realizzata nel corso della guerra sulla sua cima.
Occupato dagli austriaci nella notte del 30 aprile del 1916, cadde in mano italiana il 17 giugno 1917. In quell'occasione perse la vita il tenente austriaco Felix Wilhelm Hecht il cui diario è una testimonianza fondamentale per conoscere le vicende del Corno di Cavento. Esattamente un anno dopo – il 15 giugno 1918 – gli imperiali riuscirono a rioccupare la cima sorprendendo gli italiani sbucando da una lunga galleria scavata nel ghiaccio. La reazione degli alpini non si fece attendere con la riconquista definitiva il 19 luglio dello stesso anno.

Prima di intraprendere un’escursione invitiamo a verificare sempre le condizioni del tracciato da percorrere presso le Aziende di Promozione Turistica e sul sito della SAT Società Alpinisti Tridentini.

ITINERARIO
Il primo giorno prevede l'avvicinamento e il raggiungimento del rifugio Carè Alto.
Raggiunto Borzago, in Val Rendena, si seguono le indicazioni per la val Borzago e il rifugio Carè Alto proseguendo fino in località Pian della Sega dove è possibile parcheggiare l'automobile.
Da qui si sale per un dislivello di 1200 metri lungo il sentiero 213; in circa 30 min si raggiungono i ruderi della Malga Coel di Pelugo (1423 m) e in altri 30 min Ponte Zucal (1638 m) dove si attraversa il Rio Bedù di Pelugo. La salita prosegue ripida fino al rifugio Dante Ongari - Carè Alto dove si pernotta (3 ore e 30 da Pian della Sega).
Nei pressi del rifugio si può visitare la chiesetta costruita dai prigionieri russi durante la guerra o raggiungere in circa un'ora la “Bocchetta del cannone” a 2580 m.

Il secondo giorno richiede una sveglia prima dell'alba. P er raggiungere il Corno di Cavento sono necessarie 3-4 ore, ma i tempi di percorrenza dipendono dalla preparazione fisica e dalle condizioni del ghiacciaio.
Dal rifugio si segue il segnavia 215 che coincide con l'itinerario naturalistico Marchetti e con il Sentiero della Pace e scende lungo scale in pietra costruite durante la Prima guerra mondiale. Si superano in più punti vari torrenti; nel guado più impegnativo si supera il torrente grazie a delle funi metalliche.
Si inizia a salire in direzione del “Sass de la Stria” (che si tiene sulla sinistra) e si giunge alla Sella di Niscli (2878 m) in una zona disseminata di piccoli laghi – laghi dei Pozzoni – da dove si prosegue seguendo gli omini in pietra poggiati sulle lastre di tonalite segnate dal ghiacciaio.
Il panorama è grandioso con le cime del Carè Alto, le Gobbe del Folletto, il Folletto e i Denti del Folletto fino al Corno di Cavento. A questo punto comincia l’escursione su ghiacciaio ed è necessario indossare l'attrezzatura prevista: imbrago, ramponi, piccozza e avanzamento in cordata.
La traversata porta sin sotto il Corno di Cavento che si raggiunge, tolti i ramponi, arrampicando sui facili roccette fino a giungere all’ingresso della galleria realizzata dall'esercito austro-ungarico (ATTENZIONE: la galleria è attualmente chiusa per motivi di sicurezza).

L’esistenza della caverna era nota nel mondo storico e alpinistico, ma la sua riscoperta risale solo a pochi anni fa. A partire dal 2007 è stata recuperata grazie all'intervento della Soprintendenza per i beni storico artistici della Provincia Autonoma di Trento, il servizio dei bacini montani, la SAT con il Comitato Storico e la collaborazione delle guide alpine. Al suo interno sono state ritrovate brande, una postazione telefonica, una stufa, legna, sacchi a pelo, divise, munizioni e oggetti di vita quotidiana.

Sul versante della Val di Fumo un breve tratto attrezzato permette di arrivare all'ingresso (sbarrato) dell'antica caverna austriaca e di vedere da vicino la stazione d'arrivo della teleferica italiana che giungeva dal Pian delle Lobbie. Sulla cima svetta una croce adornata con gli elmi dei due eserciti, filo spinato e residuati rinvenuti in loco.
Il rientro avviene attraverso lo stesso percorso dell'andata con un dislivello, in discesa, di circa 2200 metri.

VICENDE STORICHE
Nella primavera del 1916 (dal 12 aprile) si svolse la cruenta offensiva italiana contro le deboli difese austriache poste sul crinale di confine nel gruppo dell’Adamello. Occupato il passo e la cima Lobbia Alta, l’attacco proseguì lungo il crinale della testata di val di Fumo (Cresta Croce, Dosson di Genova e monte Fumo); il 29 e 30 aprile gli alpini avanzarono contro i passi di Folgorida e Topete con l’intento di scendere in val Rendena dalla via più breve, posta a metà della val di Genova e aprirsi, attraverso la val Rendena, la strada per Trento. Gli alpini riuscirono a conquistare il Crozzon di Folgorida e di Lares e passo di Cavento, mentre si infransero nel sangue i vari attacchi contro la linea dei Passi che saranno abbandonati dai difensori austro-ungarici solo dopo la presa italiana del Crozzon e del passo del Diavolo (17 maggio 1916). Le truppe italiane riuscirono a discendere in val di Genova, ma furono costrette a ritirarsi per il pericolo di valanghe e per le difficoltà di rifornimento, dopo aver incendiato i rifugi Bedole e Lares. Gli austriaci, la notte del 30 aprile 1916, dopo una marcia forzata da Tione occuparono stabilmente il Corno di Cavento (3402 s.l.m.), che in seguito divenne il caposaldo avanzato di tutto lo schieramento difensivo austriaco sulla Vedretta del Lares (170° Landsturm cap. Feichtner). Dall'11 febbraio del 1917 il ten. Felix Hecht von Eleda assunse il comando del Corno di Cavento con la 1° compagnia esploratori dei Tiroler Kaiserjäger, precedentemente presidiato da una compagnia del 161° battaglione Landsturm al comando del cap. Fahrner. L’obiettivo assegnato al ten. Hecht dagli alti comandi era quello di portare al massimo le difese del Corno di Cavento con la costruzione di una postazione sotterranea per artiglieria in grado di interdire i rifornimenti italiani sulla vedretta della Lobbia. Dal 21 febbraio con i primi colpi di mina ebbe inizio lo scavo di una galleria in roccia poco sotto la vetta, ad opera di una compagnia Sappeur (zappatori) comandata, dal marzo a fine maggio 1917, dal cap. Navratil. I lavori di scavo della galleria si protrassero per circa 3 mesi causando numerosi feriti causati da incidenti da mina. Oltre che fungere da sicuro riparo in caso di bombardamento, la galleria venne in seguito trasformata in fortino, con feritoie per mitragliatrici e cannoni rivolte verso il passo di Cavento e la vedretta della Lobbia occupati dalle truppe italiane. Alla vigilia dell’attacco italiano la cima del Corno era armata con 2 cannoni da 7.5, con osservatorio e riflettore, 3 bombarde e alcune mitragliatrici. Il 15 giugno del 1917, dopo un violentissimo bombardamento, circa 1500 alpini sferrarono l’attacco contro il presidio austriaco (circa 200 uomini) del Corno di Cavento con direzioni di attacco dalla Vedretta di Lares, dalla Cresta Nord e dall’inviolato versante ovest. Una quindicina di difensori rimasero intrappolati nella galleria di vetta e si arresero agli alpini. Molti altri caddero sulla posizione e con loro il comandante Hecht. I superstiti si ritirarono nelle gallerie nel ghiaccio della vedretta di Lares e verso le vicine postazioni sul monte Folletto.
Dopo la conquista il Corno di Cavento venne presidiato dalla 3° compagnia Volontari alpini comandata dal cap. Luigi Bresciani e successivamente rinforzata della 241° compagnia del battaglione Val Baltea. In breve tempo la cima del Corno venne trasformata in una roccaforte con la costruzione di sentieri attrezzati, una teleferica e più di una decina di baracche dislocate sul versante nord ovest della montagna, in quanto le ex difese austriache non potevano essere utilizzate perchè completamente esposte al fuoco nemico. Anche la caverna in roccia dovette per forza maggiore essere adattata alle nuove esigenze del fronte con la costruzione di un alto muro composto da sacchi di ghiaia davanti alle ex entrate austro ungariche.
A un anno esatto dalla conquista italiana, il 15 giugno del 1918 gli austriaci rioccuparono il Corno di Cavento attaccando dalla Vedretta di Lares, dopo lo scavo di una galleria nel ghiaccio che arrivava fin sotto le prime linee italiane (Bergführerkompanie Nr. 12 e Hochgebirgskompanie Nr. 29); anche in questa occasione nella galleria di vetta vennero fatti dei prigionieri, ma questa volta italiani; il comandante del presidio del Corno di Cavento, Fabrizio Battanta, riuscì però miracolosamente a fuggire verso il passo di Cavento.
La riconquista e l’occupazione austriaca durò circa un mese. Il 19 luglio 1918 il presidio venne annientato dopo un poderoso attacco italiano portato su tutti i versanti della montagna. Nella galleria di vetta morì il comandante della guarnigione austriaca Franz Oberrauch orrendamente ferito dalle esplosioni; gran parte dei difensori vengono fatti prigionieri e solo pochi riuscirono a ritirarsi sulle posizioni del Folletto e nel sistema difensivo sotterraneo della vedretta di Lares. Da quel momento il Corno di Cavento rimase dominio italiano sino alla fine del conflitto e per alcuni giorni dopo la firma dell’armistizio fu presidiato dagli alpini della 311° compagnia.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Dante Ongari (a cura di), Felix Hecht: Diario di guerra dal Corno di Cavento, S.A.T. sezione Carè Alto, 2005
Dante Ongari, La guerra attorno al monte Carè Alto, Editrice Rendena, S.A.T. sezione Carè Alto, Vigo Rendena, 2009
Heinz von Lichem, La Guerra in Montagna 1915-1918: Ortles, Adamello, Giudicarie, Athesia, Bolzano 1991


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