Il “miracolo della Marna”
di Alessandro Chebat
Dopo le vittorie in Belgio von Moltke era convinto di riuscire a realizzare il piano Schlieffen, Parigi era ormai alla portata delle sue truppe. L’esercito francese attestatosi sulla Marna attendeva la battaglia che avrebbe deciso le sorti non solo della Francia, ma di tutta la guerra.
La resistenza degli inglesi a Mons aveva permesso al grosso delle armate francesi di ritirarsi in buon ordine verso Parigi, attestandosi sulla riva sinistra della Marna. Il comandante in capo delle truppe francesi, generale Joffre, era deciso a tenere la capitale ad ogni costo, schierando a sua difesa tutte le armate di cui disponeva. Le truppe tedesche, dopo oltre 300 chilometri di avanzata, erano ormai pronte per lanciare l’attacco finale su Parigi con un “colpo di maglio” da ovest, dove stava avanzando la I armata di von Kluck.
Nonostante l’apparente invincibilità, le forze germaniche erano sfinite dalle marce e dai combattimenti ed erano a corto di rifornimenti a causa dell’allungamento della catena logistica. A questi problemi si sommavano le difficoltà incontrate da von Moltke nel comunicare efficacemente con le proprie armate e le pesanti pressioni esercitate da Berlino perché si ottenesse una rapida vittoria. A complicare il quadro contribuiva la maggiore efficacia difensiva degli anglo-francesi. Di fronte alla dura resistenza offerta dalla V armata francese a Guise e della BEF a Le Cateau, la I armata tedesca fu costretta a deviare la propria avanzata. Al contempo la II armata di von Bülow, impegnata in duri scontri sulla Marna, chiedeva l’intervento delle truppe di Kluck ad est di Parigi per fiaccare la resistenza francese e aprire la strada verso la capitale. Dall’altra parte del fronte le difficoltà incontrate dai tedeschi avevano permesso alle rimanenti forze della V armata e della BEF di ripiegare sulla capitale francese, potenziandone ulteriormente le difese. La brusca deviazione di Kluck a sud-est fu però intuita da Joffre, che pianificò una rapida controffensiva. Il contrattacco francese sarebbe dovuto iniziare il 6 settembre affrontando la I armata tedesca, che aveva lasciato scoperto il suo fianco destro per colpire la BEF, attestatasi a sua volta tra la VI e la V armata francese. Tuttavia il generale Gallieni, comandante militare della capitale, anticipò Joffre il 5 di settembre, muovendo la VI° armata contro le truppe di Kluck: era iniziata la battaglia della Marna.
Joffre assecondò Gallieni inviando al fronte tutte le unità disponibili. Per velocizzare l’afflusso di rinforzi furono requisiti circa 600 taxi, che in due viaggi trasportarono circa seimila soldati. I furiosi attacchi francesi, pur bloccando l’avanzata tedesca, fallirono nell’intento di scardinare il fronte. Il 7 settembre Joffre ordinò un attacco di massa della V armata e della BEF. Gli alleati riuscirono così a incunearsi nella congiunzione tra la I armata di Kluck e la II di Bülow. Entrambi i generali erano rimasti a corto di uomini e rifornimenti a causa dei duri attacchi della VI e IX armata francesi. Il 9 settembre le truppe dell’Intesa riuscirono a superare la Marna tentando di tagliare in due il fronte d’attacco tedesco, che tuttavia non sembrava dare segni di cedimento. A questo punto non è dato sapere se per un eccesso di cautela o una vera e propria “crisi di nervi”, Moltke ordinò inspiegabilmente di sospendere gli attacchi e di ritirarsi su posizioni difendibili. Il piano Schlieffen era definitivamente naufragato così come la possibilità di una rapida soluzione del conflitto.
Le ragioni del fallimento del piano, al di là delle intuizioni di Joffre e del valore dei soldati francesi e inglesi, vanno ricercate in una serie di elementi. Innanzi tutto il fronte d’attacco tedesco fu indebolito dalla diluizione delle armate germaniche su una linea troppo vasta. Schlieffen aveva stabilito che, nell’eventualità di un attacco alla Francia, il 90% delle forze doveva convergere sull’ala destra mentre il restante doveva attestarsi sulla valle del Reno e a Est per rispondere agli eventuali attacchi francesi e russi. Tuttavia Moltke, che non possedeva la spregiudicatezza e l’immaginazione di Schlieffen, schierò soltanto il 60% delle truppe sull’ala destra disperdendone il restante in altri settori. Ossessionato da un’avanzata francese in Alsazia-Lorena, von Moltke dotò l’ala destra di una forza enorme ma insufficiente per piegare la Francia. Inoltre all’ala sinistra, che doveva solo fungere da esca, fornì forze eccessive per difendersi, ma insufficienti per contrattaccare. Per certi aspetti il Plan XVII, pur con tutte le sue limitazioni, grazie alle offensive ad oltranza verso la frontiera tedesca, risultò indirettamente utile a disperdere le truppe del Kaiser, facendo fallire la “porta girevole” di Schlieffen.
Il secondo elemento che giocò contro i tedeschi giunse da Est. La Russia riuscì infatti a mobilitare le sue truppe più rapidamente di quanto si pensasse e invase la Prussia orientale, costringendo Moltke a difendere questo settore con forze più numerose. Nonostante le armate di Hindenburg riuscissero infine a travolgere le truppe zariste a Tannenberg e nella Masuria, le offensive russe distolsero numerose divisioni tedesche dal fronte occidentale, allentando così la pressione sui francesi.
Con le operazioni del settembre del ’14, sul fronte occidentale tramontava la possibilità che la guerra si concludesse rapidamente. Nella sola battaglia della Marna si erano avuti quasi mezzo milione di morti, feriti o dispersi tra francesi, inglesi e tedeschi. Aveva inizio un’ultima breve fase di questo 1914, che avrebbe preso il nome di “corsa al mare”. La guerra di trincea era alle porte.
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https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/marne_battles_of_the
http://www.icsm.it/articoli/ri/grandeguerrafranciaparte2.html
Letture
Pier Paolo Cervone, La Grande Guerra sul fronte occidentale: Marna, Verdun, Somme, Chemin des Dames, Milano, Mursia, 2010
Stéphane Audoin-Rouzeau, Jean-Jacques Becker, Antonio Gibelli, La prima guerra mondiale, Vol.1, Torino, Einaudi, 2007
John Keegan, La prima guerra mondiale: una storia politico-militare, Roma, Carocci, 2012