La "Strafexpedition"

di Giuliano Casagrande

“Aprile volge alla fine. I battaglioni nemici […] schierati di fronte alla I° Armata sono pił di duecento; i cannoni, fra cui moltissimi di grosso e medio calibro, pił di mille. Una immane valanga”.
Capitano Cesare Pettorelli Lalatta, ufficio Informazioni della I° Armata

Tra il 15 maggio e il 26 giugno del 1916 l’Austria-Ungheria scatenò la prima importante offensiva contro il settore trentino del fronte italiano. Non vi erano precedenti per un’azione di così vasta portata condotta in territorio alpestre. Circa 380.000 soldati imperialregi, supportati, a seconda delle fonti, da poco più di 1000 a 1500 pezzi d’artiglieria (tra i  quali si contavano tre temibili obici da 420 mm), erano riusciti a cogliere impreparate le truppe italiane, le quali, alla data dell’attacco, erano ancora attestate su posizioni offensive. Era trascorso meno di un anno dall’entrata in guerra dell’Italia al fianco dell’Intesa. Sebbene il cambio di fronte non avesse colto di sorpresa la monarchia danubiana, l’apertura delle ostilità da parte italiana contro la sola Austria-Ungheria fu vissuta dall’Impero come una pugnalata alle spalle. La rabbia per l’accaduto sfociò in violenze contro i sudditi italiani, come quelle che si registrarono a Trieste in concomitanza della dichiarazione. Nel Natale del 1915 gli Imperi centrali si erano riorganizzati in fase offensiva sfruttando le vittorie colte sui fronti orientale e balcanico. Conrad von Hötzendorf, capo di stato maggiore austroungarico, credeva che l’Italia fosse il solo nemico che si potesse piegare con un’azione risolutiva. Infatti il fronte italiano era profondamente sbilanciato: la famosa “S coricata”, disegnata dalle linee di combattimento, vedeva il saliente trentino incunearsi alle spalle del grosso del Regio Esercito, schierato lungo l’Isonzo e sul Carso. I piani austroungarici contro l’Italia prevedevano sin dal 1908 di  attaccare dalla zona trentina, ma l’Impero, impegnato militarmente su quasi tutti i suoi confini, non disponeva delle truppe necessarie per realizzare autonomamente l’operazione. Von Hötzendorf  domandò a più riprese sostegno al capo di stato maggiore tedesco von Falkenhayn per realizzare l’offensiva nel “Sud Tirolo”. Le motivazioni dei netti rifiuti tedeschi erano molto precise: il fronte italiano non era decisivo per il conflitto ed estromettere l’Italia non avrebbe permesso di conseguire la vittoria finale. Inoltre i tedeschi programmavano parallelamente l’offensiva di Verdun, che, nelle loro intenzioni, avrebbe dovuto travolgere la Francia. Curiosamente, da parte italiana, Cadorna non credette mai ad una possibile offensiva nel settore trentino per motivi affini a quelli esposti da von Falkenhayn. Von Hötzendorf, privo del sostegno alleato, si risolse a fare da solo sottraendo truppe dalla Galizia e dal settore isontino. I preparativi cominciarono in febbraio con termine programmato all’11 aprile 1916. La rete ferroviaria tirolese, sebbene valevole, non era però in grado di sopportare un così grande movimento di uomini e materiali. A questo fattore si aggiunse quello meteorologico: il tempo fu inclemente bloccando le ferrovie con abbondanti nevicate e piogge. Il 15 maggio, circa un mese più tardi rispetto ai programmi,  tutto era pronto. Nel frattempo voci di una prossima azione in grande stile erano trapelate sia dai disertori austroungarici che dal servizio informazioni italiano. Fu in questo frangente che comparve la parola Strafexpedition (Spedizione punitiva), mai utilizzata in ambito ufficiale. Evidentemente il nome circolava ufficiosamente tra la truppa austriaca mentre in Italia il termine acquisì fama solamente dopo la fine del conflitto in epoca fascista. Cadorna, che non credeva a queste voci, aveva comunque preventivato di arretrare la linea su posizioni difensive. Durante un sopralluogo condotto il 26 aprile scoprì che i suoi ordini erano stati elusi dal Generale Brusati. Quest’ultimo, comandante della I° Armata, aveva tentato, fallendo, di occupare cime e settori utili a contenere un possibile attacco austriaco senza perdere terreno. Cadorna, soltanto 6 giorni prima dell’offensiva, esonerò dal comando Brusati.

Il 15 maggio gli austroungarici travolsero le truppe italiane. Supportati da una salda linea di forti gli imperialregi sconvolsero le posizioni italiane con formidabili tiri d'artiglieria, per poi occuparle con la fanteria. In breve tempo caddero punti strategici fondamentali come l'altopiano di Tonezza e Bocchetta Portule: quest’ultima decisiva per il controllo dell'Altopiano di Asiago. Già alla fine di maggio il monte Cimone era stato perduto insieme alle città di Asiago e Arsiero: l’attacco culminò il 3 giugno con la conquista da parte austro-ungarica del Monte Cengio, difeso strenuamente dai Granatieri di Sardegna. Nonostante gli scontri non diminuissero d’intensità (ad esempio quelli avvenuti sui Monti Fior e Lemerle), la parallela offensiva Brusilov in Russia obbligò lo stato maggiore austro-ungarico a trasferire nuovamente truppe e artiglierie in Galizia. A sollecitare gli alleati russi era stato proprio Cadorna che, oltre a domandare aiuto, aveva fatto affluire le riserve e altri rinforzi dall’Isonzo. L’accanita resistenza italiana, segnata dalla costante inferiorità d’artiglierie, riuscì comunque a spegnere l’offensiva nemica giusto alle porte della pianura vicentina. Il 28 maggio, in una delle sue lettere, lo stesso Cadorna aveva scritto “Sto facendo un trasporto grandioso […] destinato a salvare la situazione. Purché gli austriaci non mandino altre forze, oltre alle presenti, poiché in tal caso sarei costretto a prendere assai più gravi deliberazioni”. I soldati italiani non credettero ai loro occhi quando scoprirono che l’ondata austro-ungarica stava rientrando. L’immediata controffensiva che seguì riuscì a riconquistare molte delle posizioni  perse nemmeno un mese prima. L’attacco tanto voluto da Hötzendorf era stato contenuto e respinto. Ad un soffio della pianura si era scongiurato il disastro. Sebbene il fronte italiano a livello europeo fosse ritenuto secondario, il fallimento della Strafexpedition comportò conseguenze di primaria importanza: Brusilov, grazie allo scompenso di truppe interno all’Impero austro-ungarico, colse una vittoria decisiva che minò alle sue basi l’esercito imperialregio. La Germania, viste le gravi condizioni in cui versava l’alleato, si vide costretta ad aiutarlo sottraendo truppe al fronte occidentale per tamponare le falle apertesi ad Est. Oltre alle ingenti perdite, in Italia si ebbero conseguenze principalmente sul versante politico, con le dimissioni del Governo Salandra. Nonostante ciò le difficoltà strutturali dell’esercito italiano rimasero intatte. Per certi versi la resistenza ad oltranza offerta dalle nostre truppe non aveva permesso di risolvere le criticità interne al Regio Esercito. Queste sarebbero riemerse tragicamente un anno e tre mesi più tardi a Caporetto.


Gallery

L'offensiva contro l'Italia: truppe austro-ungariche all'attacco di una ridotta italiana. 1916 [AF MSIGR 116/3]
L'offensiva contro l'Italia: l'avanzata delle artiglierie austro-ungariche trainate da camion. 1916 [AF MSIGR 116/4]

Testimonianze

Maggio 1916: la Strafexpedition

Fritz Weber (1895-1972), ufficiale dell’esercito austro-ungarico, fu a forte Verle (oggi in Trentino), combatté sull’Altipiano dei Sette Comuni, sul Pasubio e sul Carso. Dalla sua opera, Tappe della disfatta sono tratte queste testimonianze riferite ai primi giorni della Strafexpedition (titolo originale Das Ende einer Armee, prima traduzione italiana nel 1934).

Maggio 1916, da Monte Verle a Monte Verena (Tn e Vi).
Nelle nostre retrovie stanno preparando una grande offensiva. Noi, però, siamo condannati a tenere la prima linea, fino a quando non verrà sferrato l’attacco. Intanto benché si sia al principio di maggio, nevica ancora […] ed è impossibile, se questo stato di cose si prolungherà, scatenare l’offensiva il giorno stabilito. Dovranno passare molte settimane e allora per noi potrà essere, forse, troppo tardi. [Weber temeva di poter subire un attacco con “la mina”. Ossia il posizionamento di esplosivo in una galleria scavata vicino al forte da lui comandato]. L’alba del 15 maggio ci porta finalmente la liberazione. L’offensiva si scatena nel vicino settore di Folgaria. Il 19 maggio noi pure apriamo il fuoco. Poche ore dopo la nostra fanteria si lancia contro le posizioni che, per un anno intero, erano state un inespugnabile baluardo nemico […] La sera del 20 maggio 1916, gli Italiani si ritirano su tutta la linea […] Per otto giorni ci viene concesso, come ricompensa per aver validamente difeso quella zona, di riposare un poco. […] Saliamo, anzitutto, sul Verena, per fare una ispezione del forte italiano, il nostro acerrimo nemico d’un tempo [il forte Verle ed il forte Verena erano posti l’uno di fronte all’altro, sovrastanti la Val d’Assa, a circa 7 chilometri l’un dall’altro] Mentre ci arrampichiamo sulle macerie, una granata passa mugolando sulle nostre teste e va a scoppiare, con un fragore spaventoso, proprio in mezzo alla città di Asiago, che giace ai nostri piedi. È il “Lungo Giorgio”, il cannone d’assedio da 350 mm, che spara i suoi ultimi colpi.

Attilio Frescura (1881-1943) fu ufficiale della Milizia Territoriale nella zona dell’altopiano d’Asiago. Presente sia nelle retrovie del “Saliente trentino” che sul Carso, racconterà la sua esperienza in un’opera: Diario di un imboscato (1919). Questa testimonianza fa riferimento al bombardamento di Asiago e dell’area circostante nei primi giorni della Spedition.

15-16 maggio 1916, Altopiano dei “Sette comuni” (Vi).
15 maggio 1916, ore 7 – Primo colpo di cannone su Asiago. È un cannone di marina da 381, appostato, sembra dietro il Basson. Un aeroplano nemico era su Asiago alle 5 del mattino per segnalare […] Il rombo è stato enorme. Sono corso dove il polverone si alzava lento. Ho avuto la visione tragica per via: un soldato portava, correndo, un bambino […], con gli occhioni da cui già fuggiva la vita (gridava): “Largo!Largo! Passa la morte!”[…]
Ore 18 – Tutta la popolazione si rifugia a Gallio, il vicino paese. Asiago, Asiago! Città morta, città muta, dopo gli urli di angoscia![…]
16 maggio 1916, ore 14 – Il cannone infuria anche su Gallio. Snida anche di là i profughi, che potevano sorvegliare le loro case vicine. Ancora il cannone li caccia. […]
Ho fatto un giro per Asiago. Dei soldati, ubriachi, turbano la maestà delle rovine. Nulla di più ripugnante di questi sciacalli che si aggirano per la città morta. […] Bisognerebbe fucilare questi soldati di sacco e di dolo. Ma si può aggiungere questo delitto al loro?

Sentenza del Tribunale militare del XIV Corpo d’Armata, Breganze (Vi), 1° luglio 1916.
6 graduati e 60 soldati del 141° reggimento di fanteria vengono condannati dai 2 ai 3 anni di reclusione militare per abbandono del posto di combattimento sul monte Mosciagh, sperone settentrionale dell’Altipiano di Asiago. Il 28 maggio Asiago sarà occupata dalle truppe austriache.

La sera del 26 maggio ultimo scorso (1916), reparti del 141° fanteria occupavano le posizioni di Monte Mosciagh […] Verso le ore 19 del giorno suddetto, si scatenò sul Mosciagh un violentissimo uragano […] e di ciò approfittò il nemico per attaccare con irruenza. In un tratto della prima linea si determinò il panico; gruppi di soldati fuggenti si abbatterono sulle linee retrostanti, mentre alcuni graduati urlavano: “Ritiratevi! Scappate! Se no ci fanno prigionieri!” […] Tutto ciò determinò lo sbandamento di qualche centinaio di soldati. [Il giorno successivo] il comando del reggimento, per dare un esempio che servisse da ammonimento alla massa, nello intento di evitare che simili fatti si ripetessero […] faceva passare per le armi un sottotenente, tre sergenti ed altri otto militari di truppa [fucilazione sommaria per gli ufficiali e decimazione per i soldati] […] deferendo altri settantaquattro a questo Tribunale di guerra, di cui sessantasei sono oggi portati a giudizio.

Giani Stuparich (1891-1961) Triestino, irredentista e volontario nella Grande Guerra. Fu ufficiale del I reggimento dei Granatieri di Sardegna insieme al fratello Carlo, morto nella battaglia difensiva di Monte Cengio (giugno 1916) a cui fa riferimento il testo. Entrambi saranno decorati con la medaglia d’oro al valor militare. Scrisse La guerra del’15, dal taccuino di un volontario (1931). 

Fine Maggio, inizio giugno 1916, Monte Cengio, settore centrale dell’avanzata austriaca.
La sensazione che avevamo era precisa e tragica. In pochi giorni la nostra brigata era stata ridotta all’estrema difesa.[…] Terra nostra, che il nemico invadeva e copriva di ferro e fuoco; ultimo baluardo che dovevamo difendere, perché egli non dilagasse giù per la dolce pianura vicentina. Eravamo calmi. In tutte le facce, dai solchi lividi, si leggeva una disperata fermezza: morire. Senza mezzi, senza artiglieria, con poche cartucce, contro un nemico equipaggiato che avanzava baldanzoso, coprendosi il terreno davanti con una fitta barriera di shrapnels, e di granate.
Ma dalla parte nostra c’era qualcosa di supremo, di vicino a Dio, che sorreggeva i nostri cuori
. [Il 3 giugno 1916 le truppe austro-ungariche sconfiggono le rimanenti truppe italiane, arroccate sul monte].

Alfredo Graziani, ufficiale di cavalleria sardo, fece eccezionalmente parte della Brigata Sassari (una formazione di fanteria). La sua figura sarà d’ispirazione per il personaggio del tenente Grisoni, nell’opera di E. Lussu Un anno sull’altipiano (1938). Presterà servizio sulla linea del Monte Fior. Il testo fa riferimento alla ritirata austriaca, avvenuta alla fine di giugno del 1916.
25 giugno […] Qualche uomo, dalle varie pattuglie, si è avventurato, con circospezione, dentro la linea avversaria. Ma è tornato indietro bestemmiando e urlando:
-Vuote! Non c’è nessuno! Sono vuote! Boidas sunt!
(sono vuote in dialetto sardo)-
La notizia si è sparsa fulmineamente per tutto il battaglione. -Le trincee evacuate! La linea abbandonata! Ma quando? Sapristi (sic), che beffa!- Come un sol uomo le compagnie avrebbero scavalcato i parapetti e si sarebbero lanciate all’inseguimento; ma la notte era ancora fonda, il terreno affatto sconosciuto
[…] Ha prevalso l’opinione di occupare le trincee con pattuglie ed attendere l’alba.

Bibliografia:
M. Rigoni Stern (ed.) 1915-1918. La Guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati al fronte. Neri Pozza Editore, Vicenza, 2000.
E. Forcella, A. Monticone, Plotone di Esecuzione, i processi della Prima Guerra Mondiale, Laterza, Bari, 1968.
G. Pieropan, Storia della Grande Guerra sul Fronte Italiano, 1914-1918, Mursia, Milano, 2004.
E. Acerbi, Strafexpedition, Maggio-Giugno 1916. Fatti – Memorie – Immagini – Ricordi dell’Offensiva in Trentino ed Altipiani. Gino Rossato, Vicenza, 1996.


Link

https://www.raicultura.it/webdoc/grande-guerra/Strafexpedition/index.html#welcome
https://www.ana.it/2016/06/13/la-strafexpedition-contro-l-italia-15-maggio-16-giugno-1916/


Letture

Gianni Pieropan (a cura di), 1916: mancò un soffio. Diario inedito della Strafexpedition, Milano, Mursia, 2008
Enrico Acerbi, Strafexpedition: maggio-giugno 1916: fatti, memorie, immagini, ricordi dell'offensiva austriaca in Trentino, Valdagno, Rossato, 2003
Leonardo Malatesta, Altipiani di fuoco: la Strafexpedition austriaca del maggio-giugno 1916, Treviso, Istrit, 2009
Pozzato Paolo, L'offensiva Austriaca del 1916. Strafexpedition e la Contromossa Italiana, Gaspari, 2016
Di Gilio Alberto, L'offensiva di primavera. 1916: Strafexpedition. La più grande battaglia mai combattuta in montagna, Rossato 2015
Pozzato Paolo, Massignani Alessandro (a cura di), La Strafexpedition. L'offensiva austro-ungarica sugli altipiani trentini e veneti, Itinera Progetti, 2016