L'offensiva di Brusilov

di Alessandro Chebat

L’offensiva di Brusilov fu il massimo sforzo delle armate russe nella grande guerra. L’attacco giunse quasi a scardinare l’intero fronte orientale, tuttavia le perdite russe furono talmente elevate da innescare quelle forze centrifughe che avrebbero generato la rivoluzione d’Ottobre.

Quando Falkenhayn concentrò i suoi sforzi contro la Francia dando inizio alla battaglia di Verdun, egli lasciava ad est una Russia fortemente indebolita dai duri scontri del 1914 e 1915: a corto di rifornimenti e logorato da perdite durissime, l’impero zarista agli occhi del generale tedesco non poteva più rappresentare un pericolo. Tale conclusione tuttavia peccava di eccessivo ottimismo; nei primi mesi del 1916 le armate zariste in prima linea erano già state riportate alla forza normale di due milioni di unità, scarsamente equipaggiate ma che rappresentavano comunque una forza d’urto considerevole. Gli ufficiali erano saliti dai 40 mila del 1915 agli 80 mila del 1916. Discreta anche la quantità dei proiettili d’artiglieria, circa un migliaio per ogni pezzo.

Già in marzo i russi raccolsero le richieste di  aiuto francesi, scatenando un’offensiva presso il lago Narocz, sia per attenuare la pressione su Verdun che per scongiurare la minaccia di una penetrazione tedesca verso Pietroburgo. Pur risolvendosi in un fallimento l’attacco dimostrò la combattività della Russia e il suo essere un avversario ancora temibile. L’alto comando russo (Stavka) pianificò un nuovo sforzo offensivo in luglio, questa volta più a sud contro le truppe austro-ungariche, nei confronti delle quali le armate russe generalmente avevano riscosso maggiori successi. Al comando delle operazioni fu posto il generale Aleksej Brusilov. Egli schierò forze modeste (38 divisioni russe contro le 37 schierate dagli imperi centrali), celando i propri movimenti e spostando l’artiglieria e le truppe il più vicino possibile alle postazioni avversarie, così da ridurre il balzo tra i due schieramenti e poter contare su un adeguato sostegno di fuoco.

I nuovi appelli all’offensiva lanciati da francesi e italiani (in aprile era iniziata la Strafexpedition), unitamente al trasferimento di alcune delle migliori divisioni austriache in Trentino, spinsero Brusilov ad accelerare i tempi dell’attacco. Il 5 giugno dopo un breve ma violentissimo bombardamento di artiglieria che distrusse le difese austriache e scompaginò le fanteria (alcuni reparti austro-ungarici di etnia slava si arresero in massa), le truppe d’assalto russe si lanciarono all’attacco: in due giorni esse si erano già aperte un varco largo 20 chilometri e profondo 75 tra quarta e la seconda armata austriaca, conquistando l’importante città di Lutsk. Successivamente, dopo la conquista di Czernowitz, il punto più meridionale del fronte austriaco, la penetrazione russa raggiunse circa 100 chilometri.

Dopo questo avvio spettacolare e inaspettato l’offensiva di Brusilov rallentò di fronte al mancato sostegno da parte delle altre armate russe e degli alleati e la maggiore capacità di resistenza offerta dalle truppe tedesche. Per il resto dell’offensiva i russi abbandonarono gli elaborati preparativi di Brusilov (che comunque richiedevano truppe ben addestrate) optando per un approccio più tradizionale, fatto di vigorosi attacchi frontali sostenuti dall’artiglieria. I progressi in questa fase furono più lenti e furono infine arrestati.

L’arida logica dei numeri assegnerebbe la vittoria ai russi, essi avevano conquistato la Bucovina e buona parte della Galizia orientale, catturando 400 mila prigionieri e infliggendo perdite pari a 600 mila morti e feriti: circa la metà dell’esercito austro-ungarico era distrutto, subendo un colpo dal quale non si sarebbe più ripreso. Tuttavia le armate zariste avevano pagato la vittoria a caro prezzo (circa un milione di soldati tra morti feriti e dispersi), la combattività delle truppe era ormai minata soprattutto nel morale oltre che nel materiale. Inoltre l’obbiettivo principale, cioè la sconfitta dei tedeschi, fallì completamente e in molti a Pietroburgo iniziarono a mettere in dubbio la possibilità di una vittoria sul fronte orientale.

Tuttavia i risvolti indiretti dell’offensiva di Brusilov furono molti. La Romania di fronte alla travolgente avanzata russa entrò in guerra a fianco degli alleati, Falkenhayn fu costretto ad arrestare gli sforzi su Verdun rassegnando le dimissioni, mentre Conrad sospese l’offensiva in Trentino. Risultati notevoli, in sintesi il più grande successo alleato dopo la battaglia della Marna, che tuttavia non poteva compensare i sacrifici subiti: la rivoluzione era ormai alle porte.


Gallery

Truppe autroungariche in un villaggio della Bukovina. giugno 1916 [Le Miroir n. 134, III]
Trincea austroungarica sul fronte russo. luglio 1916 [Le Miroir n. 136]

Biografia

Lord Horatio Herbert Kitchener

Lord Kitchener wants you” fu probabilmente il manifesto propagandistico per antonomasia durante il Primo conflitto mondiale. Esso ritraeva il Segretario di Stato alla Guerra Lord Kitchener - con il cappello da Field Marshal, i caratteristici lunghi baffi, lo sguardo severo e il dito puntato – nell’atto di invitare lo spettatore ad arruolarsi nell’esercito britannico. Esso divenne una delle icone della Grande Guerra, ripreso in tutte le nazioni belligeranti persino durante la seconda guerra mondiale. L’immagine, opera dell’illustratore Alfred Leete, apparve per la prima volta sul London Opinion il 5 settembre 1914: il successo fu tale che essa fu subito utilizzata come manifesto di propaganda del Parliamentary Recruiting Committee. Oltre alla bravura dell’artista la fama di questo celebre manifesto è tuttavia in larga parte da attribuire al soggetto, Lord Kitchener. La sua immagine fisica suscitò grande emozione nel pubblico britannico; egli appariva come una figura dalla volontà assoluta e di potere, un emblema della mascolinità britannica. In un impero in declino e percepito come in pericolo, Kitchener rappresentava la sicurezza e la capacità sopravvivenza del potere britannico con la forza della volontà individuale.

Horatio Herbert Kitchener nacque a Ballylongford, in Irlanda, figlio del Tenente Colonnello Henry Horatio Kitchener, ufficiale dell’esercito e proprietario terriero. Appartenente alla borghesia protestante irlandese fu avviato fin da giovane alla vita militare entrando nella Royal Military Academy di Woolwich. A 20 anni ebbe la sua prima esperienza di guerra servendo come volontario in un ospedale da campo nel conflitto Franco-Prussiano del 1870. Nel 1871 entrò nei Royal Engineers prestando servizio in Palestina, Egitto e a Cipro. La svolta nella carriera di Kitchener fu nel 1885, con la morte del generale Gordon nell’assedio di Khartoum, durante la guerra Mahdista. Chiamato a riorganizzare l’esercito egiziano, si distinse per le straordinarie capacità organizzative e per diverse intuizioni quali l’uso delle nuove mitragliatrici Maxim. Con la vittoria nella battaglia di Omdurman, nel 1898, che di fatto chiuse il decennale conflitto in Sudan, fu fatto Barone dalla regina Vittoria.  Chiamato in Sud Africa, dove infuriava il conflitto anglo-boero, anche qui Kitchener si mise in luce come grande organizzatore della logistica e dell’addestramento tattico delle truppe. Più fonti attribuiscono a lui l’istituzione dei campi di concentramento per i civili Boeri, così da fiaccare l’ostinata resistenza dei guerriglieri Afrikaner. Nel 1902, dopo la fine della Guerra Boera, fu nominato Comandante in Capo dell'Esercito Reale Indiano e nel 1911 fu promosso ad Agente britannico e Console Generale in Egitto.

Allo scoppio della Grande Guerra il Primo Ministro H.H. Asquith lo richiamò in patria, ben conscio delle capacità organizzative del Maresciallo, nominandolo Segretario di Stato alla Guerra. Unico a prevedere che il conflitto sarebbe durato perlomeno 3 anni, Kitchener intraprese una vasta riforma dell’esercito inglese, in quel momento una forza in grado di compiere solamente operazioni di “polizia coloniale” e assolutamente inadeguato a confrontarsi con i grandi eserciti dell’Europa continentale. L’importanza di Kitchener nel formare il primo grande esercito di massa della storia inglese fu tale che esso prese il nome di Kitchener’s Army. La chiamata alle armi ad agosto-settembre 1914, fruttò alla nuova armata oltre 700 mila volontari. I mesi successivi videro una drastica riduzione delle reclute, tuttavia l’afflusso fu tale da permettere di dare vita ad uno strumento militare senza precedenti per l’Inghilterra. Sei armate composte da sei divisioni l’una, ognuna con un forte supporto di artiglieria e mitragliatrici: queste ultime sarebbero passate da 52 per divisione nel 1915 a 400 nel 1918. La British Expeditionary Force, che allo scoppio della guerra era composta da un’unica armata di cinque divisioni, nell’estate del 1916 era salita a cinque armate e 60 divisioni, per un totale di circa 2 milioni di uomini schierati in Francia.

Più modesto fu il contributo di Kitchener nella conduzione della guerra. Persuaso dell’impossibilità di cogliere una rapida vittoria sul fronte occidentale, il 16 maggio 1915 comunicò a French che non avrebbe inviato ulteriori truppe in Francia fino a quando non ci fossero chiari segni di cedimento delle linee tedesche. Tuttavia di fronte alle pressioni di Joffre, alla fine di maggio autorizzò l’invio di due ulteriori divisioni. Nelle intenzioni di Kitchener le nuove armate avrebbero dovuto essere risparmiate per assestare un colpo decisivo e ben pianificato nel 1917, e solo dopo una lenta opera di logoramento delle forze tedesche.  Nel tentativo di uscire dall’impasse dei campi di battaglia europei, nel 1915 sostenne la sfortunata campagna dei Dardanelli, fallita sia per l’inaspettata resistenza turca sia per la pessima conduzione e il discontinuo supporto all’impresa. Con il fallimento degli sbarchi a Gallipoli, Kitchener fu costretto ad acconsentire l’invio di sempre più numerose truppe inglesi sul continente europeo, soprattutto a causa delle pressioni francesi e degli ambienti politico-militari in patria, convinti di dover concentrare tutti i propri sforzi sul fronte occidentale. "Purtroppo dobbiamo fare la guerra come dobbiamo, e non come vorremmo", affermò di fronte alla commissione dei Dardanelli nell’agosto 1915.  Nel dicembre dello stesso anno, dopo una serie di inconcludenti battaglie sul fronte occidentale e lo scandalo delle munizioni, Kitchener decise di sostituire il generale John French, dimostratosi in più occasioni completamente inadeguato allo scopo, con Douglas Haig. Pur godendo del supporto dell’opinione pubblica, durante la guerra i rapporti con politici e militari peggiorarono repentinamente, a causa soprattutto dei tentativi di Kitchener di dare una svolta alla guerra cercando soluzioni alternative alle terribili battaglie d’attrito del fronte occidentale. Nel maggio 1916 lo zar Nicola II richiese la sua consulenza per riorganizzare il proprio esercito. Il 5 giugno dello stesso anno Kitchener si imbarcò per la Russia sull’incrociatore HMS Hampshire. Durante la traversata la nave su cui viaggiava colpì una mina posata da un sommergibile tedesco: Kitchener e altri 642 uomini dell’equipaggio morirono nel naufragio e il suo corpo non fu mai ritrovato.


Link

http://www.lagrandeguerra.net/ggfronteorientale.html 
http://www.icsm.it/articoli/ri/luck.html 
https://www.firstworldwar.com/bio/brusilov.htm (EN)
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/kostiuchnowka_battle_of 
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/brusilov_aleksei_alekseevich


Letture

Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Mondadori, 1998
Basil H. Liddell Hart, La prima guerra mondiale 1914-1918, BUR, 1999
Timothy Dowling, The Brusilov offensive, Indiana university press, 2008
Di Martino Basilio et. all., La zampata dell'orso. L'offensiva Brusilov nella Prima Guerra Mondiale e l'aviazione imperiale russa, Libellula Edizioni, 2021