Verdun e la strategia d’attrito

di Alessandro Chebat

"La Francia è quasi arrivata alla fine del suo sforzo bellico. Se riusciamo a far capire chiaramente al popolo francese che sul piano militare non ha più nulla da sperare, la situazione giungerà ad un punto di rottura, e all'Inghilterra salterà di mano la spada migliore".
Erich von Falkenhayn

Per tutto il 1915 il baricentro della Grande Guerra era stato il fronte orientale, il quale aveva assorbito risorse e monopolizzato le principali operazioni. Dopo il fallimento dell’offensiva sui Dardanelli e i duri colpi subiti dalle armate zariste, il fulcro delle operazioni ritornò ad essere l’occidente. Nel Natale del 1915 il generale Erich von Falkenhayn presentò al Kaiser un piano d’operazioni che prevedeva un offensiva ad occidente. Secondo Falkenhayn la Francia non era più in grado di resistere allo sforzo bellico, mentre le iniziative militari di inglesi, russi e italiani avevano un valore strategico trascurabile nell’economia di guerra. Scopo delle operazioni era non tanto scardinare il fronte, quanto logorare a tal punto l’Armée da convincere il popolo francese dell’impossibilità di continuare la guerra. Nei piani di Falkenhayn una serie di avanzate limitate, compiute con un numero relativamente ristretto di uomini, avrebbe obbligato Joffre a reagire con contrattacchi entro il raggio d’azione delle artiglierie pesanti tedesche. L’azione dei grossi calibri avrebbe inflitto alle fanterie perdite tali da rendere insostenibile per la Francia la prosecuzione della guerra. D’altra parte la possibilità di un repentino crollo francese era tutt’altro che remota, in quanto le truppe di Joffre dal settembre del ’14 sostenevano da sole il grosso dello sforzo bellico contro i tedeschi, mentre le dure perdite subite fino a quel momento avevano notevolmente fiaccato il morale dei soldati.
La mattina del 21 febbraio iniziò il bombardamento tedesco su un fronte di 25 chilometri, sostenuto da tutti i grossi calibri disponibili, tra cui i cannoni di marina Krupp da 380 mm, e gli obici da 420: obiettivo era la fortezza di Verdun. Nel pomeriggio le fanterie uscirono dalle trincee e si lanciarono all’attacco, iniziando ad erodere progressivamente le difese francesi. Nelle sue fasi iniziali l’offensiva tedesca colse risultati modesti. Tuttavia, dopo il bombardamento, il morale francese era talmente basso da far temere un collasso delle truppe. Due battaglioni di cacciatori al comando del colonnello Driant si ridussero a 200 uomini sui 2000 iniziali.

Il 25 febbraio un reggimento di fanti del Brandeburgo conquistò il forte di Douaumont. I francesi, ritenendo che la potenza dell’artiglieria tedesca le rendesse ormai superate, avevano iniziato il disarmo delle fortezze di Verdun, tanto che il Douaumont era difeso da una cinquantina di artiglieri e pochi mitraglieri. Quando i fanti brandeburghesi si approssimarono al forte, buona parte della piccola guarnigione era scesa nei rifugi per proteggersi dal bombardamento, tanto che più fonti riferiscono che l’importante fortificazione fu conquistata da un pugno di genieri che colsero i francesi nel sonno. A rendere ancor più semplice la conquista del forte giunse una serie di intoppi burocratici tra i comandi francesi: il generale Chrétien, comandante del settore destro di Verdun, già il 24 aveva ordinato la difesa ad oltranza dei forti, tuttavia una serie di ritardi fece sì che gli ordini venissero inoltrati solo alle 9,45 del giorno successivo.
Dopo l’iniziale sottovalutazione dell’attacco, il 25 Joffre decise di inviare a Verdun il suo vice, generale Édouard de Castelnau, il quale nominò il generale Philippe Pétain comandante del settore con l’ordine di tenere la sponda destra della Mosa ad ogni costo. Dopo lo schiaffo morale di Douaumont, Verdun non poteva cadere. La proposta del generale Langle de Cary di ritirarsi per riorganizzare le difese, pur essendo la soluzione più valida, fu ritenuta inaccettabile.

Sotto la guida del carismatico Pétain e spinti da parole d’ordine quali Ils ne passeront pas, le truppe francesi si lanciarono in una serie di furiosi contrattacchi: Verdun era ormai il simbolo dell’onore e della volontà di resistenza francese (Honneur de la France). La battaglia fu alimentata da un continuo afflusso di soldati attraverso la Voie Sacrée, sulla quale transitarono fino a ventimila uomini al giorno, nonostante gli incessanti bombardamenti. Di fronte ad un’inattesa e accanita resistenza, l’offensiva tedesca iniziò a rallentare con perdite sempre più elevate. Alla fine di marzo le perdite complessive ammontavano già a oltre 81 mila tedeschi  e 89 mila francesi. Falkenhayn, posto di fronte alla scelta di sospendere l’attacco o allargarlo ad un settore più ampio, decise di insistere nella strategia di logoramento, mantenendo Verdun come obbiettivo e impiegandovi tutte le riserve disponibili. La pressione tedesca portò alla conquista, in maggio, delle alture del Mort-Homme, mentre il 7 giugno capitolava il forte di Vaux, che dopo la caduta del Douaumont era divenuto uno dei capisaldi delle difese francesi. I tedeschi sembravano ormai prossimi a prendere Verdun.

Tuttavia le forze francesi erano ormai ben decise a resistere, potendo ora contare su un consistente supporto d’artiglieria (pur ancora insufficiente), mentre le batterie tedesche erano logorate dall’intenso uso, che provocava scoppi accidentali e bombardamenti sempre più imprecisi. A rendere ancor più difficile il successo tedesco giungeva il continuo afflusso di truppe inglesi al fronte, che si apprestavano a scatenare il primo grande attacco sulla Somme. Sugli altri fronti gli iniziali successi austriaci in Trentino erano stati vanificati dai contrattacchi italiani, mentre il risveglio dell’esercito russo con Brusilov rischiava di rimettere in discussione le posizioni degli imperi centrali sul fronte orientale.

Le perdite elevate e il protrarsi della battaglia spinsero il Kaiser a sostituire von Falkenhayn con von Hindenburg e Ludendorff: la pressione tedesca su Verdun iniziò ad allentare. Pétain, divenuto eroe nazionale, fu promosso al gruppo d’armate centrali e sostituito da Nivelle. Il 24 ottobre la svolta: truppe marocchine riconquistarono il forte di Douaumont, e nei giorni successivi le fanterie francesi avanzarono di altri tre chilometri, riconquistando in breve tempo tutto il terreno occupato in mesi di attacchi sanguinosi. In novembre fu riconquistato il forte di Vaux: l’offensiva tedesca era fallita, mentre la vittoria morale francese era stata netta. Con perdite che secondo alcune stime superano i 900 mila morti, feriti e dispersi, la battaglia di Verdun fu lo scontro più lungo e sanguinoso del primo conflitto mondiale.


Gallery

Artiglieria tedesca al traino [collezione privata di Piero Cavagna]
Artiglieria francese da 155 mm [AAVV]

Testimonianze

La strategia di von Falkenhayn

In un documento stilato nei giorni di Natale del 1915 il maresciallo von Falkenhayn, comandante supremo dell’esercito tedesco, delinea la strategia per i prossimi mesi. Sicuro di una imminente fine della resistenza francese, egli deciderà sulla base di queste riflessioni di lanciare l’attacco contro la fortezza di Verdun.

La Francia è arrivata sull’orlo del cedimento sia in ambito militare che economico – ciò soprattutto a causa della perdurante mancanza degli importanti giacimenti carboniferi nella Francia nord-orientale. L’esercito russo non è stato ancora del tutto sconfitto, ma la sua capacità offensiva è stata così drasticamente ridotta, che le sarà certo difficile potersi riprendere ai livelli dell’inizio della guerra. L’esercito serbo può essere dato per sconfitto definitivamente. L’Italia si è resa senza dubbio conto di non poter esaudire in tempo breve le sue mire di rapina, e sarebbe perciò lieta – credo – di poter liquidare in tempi brevi questa avventura bellica.
[…] Rimane perciò solo la Francia. Dietro la parte francese del fronte occidentale vi sono a distanza ravvicinata degli obiettivi per difendere i quali la dirigenza francese è disposta a mettere in campo fino all’ultimo uomo. Se lo farà, le forze della Francia si dissangueranno, dato che non hanno altra scelta, sia che noi raggiungiamo questi obiettivi sia che non li raggiungiamo. Se invece non lo farà e se questi obiettivi cadranno nelle nostre mani, l’effetto morale di questo risultato in Francia sarà terrificante. Potremo guardare con fiducia alle eventuali manovre di alleggerimento che sono prevedibili, anzi possiamo essere fiduciosi sul fatto che avremo a disposizione forze sufficienti per contrastare i modo adeguato i loro attacchi con dei contrattacchi. L’esercito tedesco si trova infatti nelle condizioni di poter liberamente decidere se condurre l’offensiva in modo rapido o più lento, se interromperla temporaneamente o se consolidarla, a seconda degli obiettivi che ci siamo prefissati.
Gli obiettivi di cui stiamo parlando sono Belfort e Verdun.
Per entrambi vale quanto scritto sopra. Tuttavia, Verdun merita la priorità.

Da Wolfdieter Bihl (a cura di), Deutsche Quellen zur Geschichte des Ersten Weltkrieges, Darmstadt, 1991 , p. 174s.


Biografia

Philippe Pétain

Philippe Pétain è una delle figure più importanti e controverse della storia francese contemporanea. La sua notevole longevità lo ha condotto attraverso diversi momenti cruciali della storia. Trascorse la prima parte della sua vita piuttosto come spettatore degli eventi , mentre successivamente divenne uno dei maggiori esponenti delle due guerre mondiali. La prima gli portò gloria, la seconda suggellò la sua caduta.
Fino al 1914, la vita di Pétain così come la sua carriera militare, furono piuttosto ordinarie. Mai chiamato per un'operazione all’estero, diplomato alla scuola militare di Saint-Cyr, la sua carriera progredì lentamente ma costantemente, senza alcuna esperienza di combattimento diretto.

La dichiarazione di guerra gli presentò un'opportunità inaspettata. Iniziando come colonnello, Pétain salì di grado rapidamente. Il 5 agosto partì per il nord-est dell'Aisne per comandare provvisoriamente una brigata. Il 15 agosto ricevette il battesimo del fuoco intorno ai ponti sulla Mosa. Questa prima esperienza gli impartì subito importanti lezioni: “D'ora in poi la guerra assumerà un carattere diverso. Il materiale giocherà un ruolo sempre più importante poiché le fabbriche aumenteranno la loro produzione di materiali e la loro potenzialità". Il 1° settembre Pétain ricevette il comando della 6a divisione di fanteria sulla Marna e il 20 ottobre divenne comandante di corpo d'armata. Poco dopo fu nominato generale di divisione.
In qualità di comandante del 33° Corpo ad Arras, Pétain impose una rigida disciplina e severe punizioni a tutti coloro che mostravano l'inclinazione ad arrendersi o mutilarsi. Tuttavia, si rese conto anche dell'importanza di salvaguradare i propri uomini, mentre rimase fedele al suo motto: "l'artiglieria vince, la fanteria occupa". Già nel 1915 Pétain sostenne una guerra di logoramento prima di passare all'attacco. Quando i tedeschi lanciarono la loro offensiva a Verdun il 21 febbraio, Pétain prese il comando del settore. Attuò una serie di misure pratiche che contribuirono a forgiare la propria leggenda tra i soldati: organizzò soccorsi regolari di quelle unità combattenti che avevano perso un terzo della loro forza nonchè la Voie Sacrée che portava rifornimenti di uomini e materiali.
Le sue opinioni non erano però condivise da Joffre che, da un lato, perseguì un approccio offensivo e, dall'altro, chiese che la maggior parte delle unità venisse trasferita sulla Somme per lanciare la prevista grande offensiva interalleata. Di conseguenza, da aprile Pétain fu promosso a una posizione di comando nelle retrovie, un'abile manovra per allontanarlo dal campo di battaglia di Verdun. La sua influenza tuttavia non si affievolì. Nominato Grande Ufficiale della Legion d'Onore il 27 aprile 1916, Pétain divenne un personaggio pubblico molto popolare.

All'inizio del 1917 fu nominato comandante in capo delle armate del nord e del nord-est, non nascose la sua condanna del progetto per la grande offensiva tra Reims e Soissons guidata da Nivelle. Quando il 16 aprile iniziò l’attacco sul Chemins de Dames, esso rapidamente si trasformò in una catastrofe. Già considerato suo rivale, Pétain sostituì Nivelle e salì al grado di Generalissimo dell'esercito francese sul fronte occidentale. Il momento, tuttavia, fu particolarmente sfavorevole: tra l’1 e il 3 giugno 1917 la crisi degli ammutinamenti raggiunse il culmine. Nella sua direttiva n. 1 del 19 maggio, Pétain impose un cambiamento radicale nella direzione delle operazioni: l'abbandono delle grandi offensive a favore delle operazioni di logoramento. Di fronte agli ammutinamenti, Pétain gestì le truppe allo stesso modo del 1915, sostenendo il rafforzamento della disciplina e fornendo i mezzi per eseguire punizioni rapide. Cionostante, oltre alle punizioni, egli rispose alla crisi con una serie di misure pratiche volte a migliorare le condizioni di vita dei combattenti: regolari permessi di congedo, miglioramenti nell'approvvigionamento dei rifornimenti e misure per combattere l'ubriachezza. Riuscì così a ristabilire la fiducia. Nonostante la situazione rimanesse in continua fluttuazione per tutta la primavera del 1918, la guerra si concluse con la vittoria degli Alleati, di cui Pétain fu uno dei principali artefici.
Il 29 agosto 1918 fu nominato per la Gran Croce della Legion d'Onore e insignito del titolo di maresciallo di Francia otto giorni dopo l'armistizio. Era all'apice della sua popolarità. Tuttavia, la sua longevità lo avrebbe messo di fronte ai conseguenti sconvolgimenti geopolitici. Durante la seconda guerra mondiale fu al comando del regime di Vichy, così che la sua immagine di eroe di Verdun sarebbe rimasta per sempre eclissata da quella di collaborazionista della Germania nazista.


Link

http://www.icsm.it/articoli/ri/grandeguerrafranciaparte4.html
http://www.memorialdeverdun.fr/index.php/accueil.html (FR)
http://ww1centenary.oucs.ox.ac.uk/space-into-place/verdun-1916/ (EN)
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/verdun_site_of_memory   
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/falkenhayn_erich_von   
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/forts


Letture

Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Mondadori, 1998
Alistair Horne, Il prezzo della gloria. Verdun 1916. La più grande battaglia di annientamento, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003
Jankowski Paul, La battaglia di Verdun, Mulino, 2015