Le occupazioni militari nella Prima guerra mondiale
di Gustavo Corni
Anche se in forma minore rispetto alla Seconda, quando gran parte del continente europeo č stata sottoposta a occupazioni militari, dapprima da parte della Germania e dei suoi alleati, nella fase finale dagli Alleati, anche nella Prima guerra mondiale le occupazioni militari hanno rappresentato una componente significativa. A iniziare da Belgio e Francia nord-orientale, invasi e occupati, nelle prime settimane di guerra, per non dimenticare i Balcani e il fronte orientale, larga parte del continente č stata occupata dagli eserciti dell’una e dell’altra parte. Occupazioni che presentano un’estrema varietą di forme, con obiettivi politici, economici e militari, molto diversi da un caso all’altro. Questo vale anche per la parte nord-orientale dell’Italia, che nell’ultimo anno di guerra dopo la rotta di Caporetto č stata sottoposta a una dura occupazione militare da parte delle truppe austro-ungariche.
Le occupazioni militari sono previste dalla legislazione internazionale sulla guerra, con precise limitazioni, che però sono state spesso ignorate. La forma con cui, a partire dalla guerra franco-prussiana del 1870 sono state messe in atto, è quello del cosiddetto “governatorato generale”: una struttura gestita dai comandi militari, ma composta anche da personale burocratico civile proveniente dal paese occupante, e che funziona grazie all’apporto di personale in loco. Dal punto di vista dei militari, le occupazioni hanno due finalità principali: in primo luogo garantire la pace e l’ordine pubblico nelle aree retrostanti il fronte, in modo da non ostacolare le operazioni militari, attraverso forme di spionaggio o i franctireurs (franchi tiratori), bande armate formate da civili e da militari dispersi, che operavano già in occasione della guerra franco-prussiana. La seconda finalità dell’occupazione militare è di garantire il normale funzionamento delle attività economiche, produttive e commerciali, in modo da poter rifornire le truppe sul fronte e da mantenere livelli accettabili di vita per i civili. Così il mantenimento delle truppe e dei civili sul territorio occupato avrebbe pesato il meno possibile sull’economia della madrepatria. Soprattutto questa seconda finalità ha assunto un peso rilevante nel corso della guerra, a causa delle dimensioni degli eserciti. Le economie nazionali non erano in grado di mantenere milioni di soldati e ufficiali, lontano dalla patria.
Per concretizzare questi obiettivi le potenze occupanti emanarono una serie di disposizioni, ordinanze, divieti per regolare i rapporti con le popolazioni occupate. In molti casi ci si preoccupò di inviare sul posto ufficiali e funzionari dotati di adeguate esperienze e conoscenze linguistiche. Il mantenimento dell’ordine era cruciale per gli occupanti, ma anche per gli occupati.
Questo modello delle occupazioni è condizionato, nelle singole situazioni che si verificarono nel corso del conflitto, da vari fattori: il valore economico, più o meno elevato, di un territorio occupato poteva influenzare l’evolversi concreto della sua occupazione, così come la disponibilità, o meno, di una classe dirigente disponibile, per i motivi più diversi, a collaborare con l’occupante, assumendosi una parte della gestione degli affari correnti. Discriminante è stato anche il fattore tempo: le occupazioni avvenute nella prima fase della guerra, quella del Belgio e della Francia nord-orientale, hanno avuto più tempo per svilupparsi. In molti casi, tale ri-articolazione assunse le forme di un’attenuazione della repressione per cercare modalità meno invasive. Nei territori occupati nella fase terminale del conflitto (il Friuli e Veneto orientale, l’Ucraina) le possibilità di mettere in atto una politica articolata erano ridotte, lasciando spazio all’urgenza di approvvigionare le truppe occupanti o la madrepatria. In generale si può individuare una tendenza degli apparati militari a lasciare il passo a strutture civili. In ogni caso, le finalità politico-militari della potenza occupante avevano la meglio. Va considerata anche la variabile degli eventuali obiettivi di guerra: non in tutti i casi d’occupazione la potenza occupante aveva un progetto chiaro su come sfruttare il territorio occupato. Fra questi, sia nel caso di Ober-Ost che in quello dei territori balcanici occupati dall’Austria-Ungheria, spicca una tendenza a favorire la modernizzazione di un territorio considerato arretrato. Significativo è il caso dell’Albania, considerata un paese “amico”, della cui modernizzazione le autorità austro-ungariche d’occupazione si sentivano responsabili. Infine, faceva una differenza se il territorio veniva occupato solo da una delle potenze degli Imperi centrali o se, invece, le potenze occupanti erano due, o addirittura tre, come nel caso della Romania. Conflitti di competenza erano in questo caso all’ordine del giorno, complicando la possibilità di realizzare forme incisive di occupazione. Né va dimenticato l’intreccio tra politiche d’occupazione e politica interna negli Imperi centrali. Il peggioramento del trattamento delle popolazioni francesi e belghe dopo il 1917 è legato anche alla necessità di giustificare i tagli nell’approvvigionamento degli abitanti degli Imperi centrali: com’era possibile giustificare che a Bruxelles o a Lilla una famiglia ricevesse una razione più alta che a Berlino o a Vienna?
In generale, si può affermare che l’ambizione degli apparati d’occupazione era di coprire tutti gli aspetti della vita collettiva: dalle poste alle ferrovie, dalla produzione agricola al commercio estero, alla polizia, alla cultura, alla stampa. Tale ambizione dovette però fare i conti con fattori cogenti: il tempo, le priorità dettate dalla politica della madrepatria (pensiamo alle divergenti mire tedesche e austro-ungariche in merito alla ricostituzione di uno stato polacco), la necessità di rifornire i militari sul territorio occupato, le esigenze impellenti della guerra. Le forme di autogoverno introdotte nei territori occupati, che avrebbero consentito di risparmiare uomini e risorse, poterono essere concretizzate solo in modo parziale, o perché la classe dirigente preesistente era in gran parte fuggita (nel caso del Friuli e del Veneto orientale), o perché non era agevole formarne una nuova in breve tempo (come in Albania), o – infine – perché l’autogoverno strideva con la priorità di controllare il territorio occupato, come dimostra il caso del Belgio. Le autorità militari erano poste di fronte a un dilemma. Se la potenza occupante reagiva in modo eccessivamente tollerante, essa incrinava la tranquillità, l’ordine e il proprio status di supremazia; se invece agiva in modo troppo restrittivo, la fiducia e la benevolenza della popolazione cui essa mirava, andavano rapidamente perdute o non potevano nemmeno essere acquisite. Nelle politiche d’occupazione, perciò, lo stacco fra aspettative e realizzazioni fu ampio. Spesso la forza ebbe il sopravvento. Per mantenere il “proprio” ordine gli occupanti non si trattennero da interventi duri: arresti di ostaggi, punizioni collettive, deportazioni, condanne capitali.
Il mantenimento dell’ordine era un bene prezioso, sia per gli occupanti che per gli occupati. L’ordine interno costituiva la base per una normale prosecuzione delle attività economiche, soprattutto in agricoltura. Ricordiamo che, con l’eccezione di Belgio e Francia occupate, i territori sottoposti a occupazione erano caratterizzati da un’economia prevalentemente rurale. Ma la distribuzione delle risorse alimentari rappresentava un punto di forte attrito: quanto doveva essere sottratto alla popolazione civile per alimentare gli eserciti dislocati ai bordi del territorio occupato? Dove si collocava il “minimo” da garantire alla popolazione civile in modo che non si ribellasse? Come occorreva comportarsi nei confronti della popolazione contadina: la forza, la persuasione, l’offerta d’incentivi? Quanto più la guerra si prolungava, tanto più peggioravano le condizioni alimentari negli Imperi centrali. Di conseguenza il comportamento delle autorità d’occupazione in merito al prelievo di prodotti alimentari e altre materie prime diventava sempre più duro. Fino alle politiche di saccheggio, messe in atto (con esiti fallimentari) in Ucraina dopo la pace di Brest-Litovsk.
Un ultimo elemento: sebbene non manchino alcune analogie e alcuni collegamenti anche di natura personale (ad esempio, una parte del personale di Ober Ost avrebbe poi operato nell’Unione Sovietica occupata), trarne un nesso diretto fra la prima e la seconda guerra mondiale e leggere le occupazioni nel 1914-1918 come premessa di quelle, ben più brutali, del 1939-1945, sembra schematico. Ciò che avvenne nei territori europei occupati dagli Imperi centrali in quegli anni costituisce una vicenda storica a sé, che ancora attende una ricostruzione comprensiva.
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Testimonianze
Raccontare l'occupazione 1914-1918
Il 4 agosto 1914 le forze armate tedesche entrano in guerra attaccando il Belgio, violando così la neutralità del paese. A metà agosto le truppe del Kaiser penetrano nel nord della Francia. L’avanzata dei soldati con la pickelhaube viene arrestata soltanto a 70 km da Parigi (prima battaglia della Marne, 6-12 settembre 1914). Prima dell’inverno, le truppe tedesche controllano la maggior parte del territorio belga, scisso in tre zone amministrative distinte. Nello stesso periodo, in Francia, dieci dipartimenti dell’est e del nord sono segnati dalla presenza dell’occupatore. Ciononostante persistono sensibili differenze relative all’estensione e alla durata dell’occupazione. Le Ardenne sono controllate completamente dai Tedeschi, mentre il Nord al 70%, e l’Aisne al 55% ; nel resto dei dipartimenti, invece solo un terzo dei territori è sotto l’occupazione tedesca. Se ad Amiens la presenza nemico non dura più di qualche giorno, a Lille, Roubaix o Laoun i tedeschi restano per più anni. Sul piano della memoria storica, l’invasione tedesca s’impone come un momento culmine di sofferenze e violenze. Eppure, le realtà segnate dall’occupazione sono variegate tanto quanto le attitudini dei loro abitanti nei confronti dell’occupante. Le testimoninaze delle donne e degli uomini che ne subiscono l’esperienza diretta costituiscono in tal senso un corpus documentale prezioso per approcciare il tema dell’occupazione dal punto di vista delle persone coinvolte, restituendo così tutta la complessità del loro vissuto. Allo stesso tempo esse chiariscono i difficili rapporti che i civili intrattengono con i nuovi padroni del luogo, illustrando un ampio spettro di comportamenti che va dal compromesso alla resistenza.
Lettera di una civile in zona occupata durante la Grande guerra, Eugénie Deruelle (1853-1927), vedova nel 1914 di Léon Deruelle, medico e sindaco di Sains-Richaumont.
Arrivo delle truppe tedesche a Sains-Richaumont, tra il 29 e il 31 agosto 1914
Sento a un certo punto il generale d’Housset dire all’uomo di posta : «Telefonate immediatamente allo stato maggiore di Marle, telefonate a Laon, a chiunque possiate raggiungere per telefono e avvisate che l’11° corpo d’armata, in rotta a Sains-Richaumont, chiede soccorsi. […] Ho appena cominciato a mangiare quando un’auto si ferma davanti casa ; sei dei loro comandanti intimano : « Abbiamo bisogno di casa vostra, ci servono dodici camere, ecc. » ; dopo averli condotti dalla cantina al granaio, occupano tutti i letti, ma lasciano libero solo quello di Jeanne. Inoltre, dobbiamo apparecchiare per quindici coperti in sala da pranzo, e preparare loro da mangiare per 6 ore. La mia camera è stata destinata a von Bülow, generalissimo delle truppe.
I rapporti con l’occupante e le prevaricazioni nella vita privata
24 aprile 1915 : A mezzogiorno il soldato Maasbaël torna per Mme Leleu, in biciletta da St-Quentin. C’è stato brutto tempo. Lo faccio pranzare con noi. È un ragazzo di bell’aspetto, onesto, e piuttosto prudente.21 giugno 1915 : Il giudice riceve in casa delle donne che hanno l’aria di fare quel mestiere : proprio così!
26 ottobre 1915 : La feccia del giudice se n’è andata soltanto ieri sera : hanno trascorso qui 3 notti in tutto ; durante il giorno si tengono in piedi con la prostituzione : che schifo ! Tutto questo mi esaspera, ma se mi lamento dovrò abbandonare la mia casa… Ieri hanno tenuto le persiane abbassate tutto il giorno. Quanto sarei felice di saperli ammalati entrambi, uomini e donne : non è misericordioso, lo so, ma questo è davvero troppo!
4 dicembre 1915 : Ieri mattina ho incontrato il giudice davanti al vestibolo, non lo vedevo da tre settimane ; al suo buongiorno ho risposto : « Signore, da quando siete qui avete avuto per caso modo di lamentarvi di me, o di qualsiasi altra cosa nella mia casa ? […] Bene ! Allora perché fate così, infliggendomi quest’onta che insudicia la mia casa ?Vi intrattenete con certe donne, anche per quattro giorni di fila. […] Signore, da più di tre generazioni la mia dimora è stata rispettata e ha conservato il suo buon nome, e voi ne avete fatto un bordello ! […] – Signora, è la guerra ! [risponde lui, n.d.T.] Naturalmente noi lo sappiamo fin troppo bene! – Ma signore se vostra moglie e vostra figlia, la signora e la signorina Mauser, si trovassero nelle stesse mie condizioni, in Germania, vorrei proprio sapere cosa ne penserebbero, e quanto vi preoccupereste voi? (Dopodiché ho lasciato quel poco di buono…) Cosa combinerà ancora ?Tutto il male che potrà. Ecco perché mi rimetto completamente nelle mani della Provvidenza.
29 maggio 1917: Uno dei luogotenenti che viene a mangiare qui, il sig. Schmitt, ieri sera è arrivato molto prima degli altri convitati. Ha fatto delle carezze a Scott, che mi stava vicino, all’ingresso del giardino ; ha parlato a lungo di sua madre, di suo padre che è cattolico, e di suo fratello; entrambi sono dottori in medicina, il fratello esercita al fronte. Lui ha 22 anni (ma ne dimostra a malapena 18). […] Poiché mi chiedevano un bouquet [per la tavola, n.d.T.)], è venuto con me in giardino e in cortile.
Requisizioni e privazioni
28 maggio 1915 : Giornata dei sindaci/ e di rassegna dei cavalli. Dopo averli classificati, così pensa e mi riferisce il sig. Marquet, li porteranno via insieme alle vetture e alla nostra mobilia : davvero una bella prospettiva!!!
9 settembre 1915: Stavo finendo di cenare quando il sig. Hénon è venuto per misurare il mio unico noce. Prenderanno quelli che raggiungono i 90 cm di circonferenza, e il mio è di circa 104 : addio alle noci! A Buironfosse si sono presi tutte le scarpe: non ci lasceranno niente, visto che non siamo capaci di scacciarli…
27 aprile 1916 : Quello delle uova è diventato un grosso bottino : stamani ho portato le mie 9 uova; di ritorno, alla bacheca di Dupont, ho letto che dobbiamo consegnare 2 uova per pollo, e così per ogni gallo e pulcino.
10 aprile ???: Tutto ormai è così caro ! E, senza entrate, mi chiedo come farò a restare in casa mia, dove ho grosse spese! Del resto, cosa ormai non è più caro?! E dove andare???
Concludo questo diario così tristemente come fu cominciato, il primo gennaio 1918 : che vita, mio Dio ! Salvami da questo sconforto che mi consuma ogni giorno di più !!!
Bibliografia
Les carnets d’Eugénie Deruelle, Une civile en zone occupée durant la Grande Guerre, présentés par Guillaume Giguet, Amiens, Encrage, 2010.
Link
https://www.raicultura.it/webdoc/grande-guerra/belgio/index.html#welcome
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_the_war
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_and_after_the_war_germany
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_and_after_the_war_austria-hungary
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_the_war_belgium_and_france
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_and_after_the_war_east_central_europe
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_and_after_the_war_south_east_europe
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation_during_and_after_the_war_italy
Letture
Raoul Pupo, La vittoria senza pace. Le occupazioni militari italiane alla fine della Grande Guerra, Laterza, 2014
Gustavo Corni, La grande guerra in Veneto e in Friuli. Documenti e immagini dell'occupazione militare austro-germanica nel Nordest, Ediz. illustrata, Vol I-II, 2015
Matteo Ermacora, Nei tribunali dell'occupante. Donne e giustizia militare austriaca in Veneto (1917-1918), DEP, n. 31 (2016)
Matteo Ermacora, Costretti a lavorare per il nemico. Il lavoro coatto nel Veneto e nel Friuli invasi 1917-1918