La campagna militare romena

di Joachim Buergschwentner

L’8 maggio 1918 un argomento dominava le prime pagine dei giornali dell’Impero austro-ungarico: il trattato di pace firmato il giorno prima con la Romania. Esso concluse definitivamente la campagna militare del 1916/17 che le Potenze centrali avevano condotto con successo grazie alla mobilitazione di tutte le forze disponibili, ma a cui riuscirono a porre termine soltanto con lo scoppio della Rivoluzione russa.

La Romania nel 1883 aveva aderito alla Triplice Alleanza che comprendeva l’Impero tedesco, l’Austria-Ungheria e l’Italia. Il rapporto tra la Romania e l’Impero austro-ungarico tuttavia aveva subito un evidente peggioramento già nel periodo precedente alla guerra a causa della politica delle nazionalità portata avanti dall’Ungheria nella Transilvania e di malumori diplomatici emersi in occasione della Seconda guerra balcanica. Il fatto che la Romania si avvicinasse alla Russia non piacque affatto alla Germania che, a causa della sua importanza strategica, intendeva vincolare la Romania alle Potenze centrali.

A prescindere dal fatto che il Regno di Romania era dotato numericamente del più grande esercito della regione, essa poteva al contempo rappresentare, a seconda dell’alleato, uno Stato cuscinetto o un collegamento tra la Serbia e la Russia, come anche  servire da punto di partenza ideale per offensive dirette da una parte contro la Transilvania e dall’altra contro l’Ucraina.

Il fatto che l’obbligo di mutua assistenza concluso tra le Potenze della Triplice Intesa fosse previsto soltanto in caso di un attacco diretto  fu utilizzato sia dalla Romania, per dichiararsi neutrale - allo stesso modo dell'Italia - in seguito alla dichiarazione di guerra  presentata  il  28 agosto 1914 dall’Austria-Ungheria alla Serbia. Nel periodo successivo sia le Potenze centrali che l’Intesa  provarono a tirare la Romania dalla loro parte. Il governo rumeno attese tuttavia - ancora una volta in maniera analoga all’Italia - finché venne a delinearsi la prospettiva che, aderendo all’Intesa, i guadagni territoriali ottenuti a spese della Monarchia austro-ungarica sarebbero stati maggiori: oltre all'unione della Bucovina e la Transilvania  al proprio territorio che avrebbe portato alla ricostituzione di una “Grande Romania”, la Romania mirava anche al recupero dei territori della Dobrugia che aveva dovuto cedere alla Bulgaria nel 1912.

La prospettiva di impossessarsi di questi territori in combinazione all’entrata in guerra della “rivale” Bulgaria a fianco delle Potenze centrali nell’ottobre 1915, portarono dieci mesi più tardi alla dichiarazione di guerra della Romania all’Austria-Ungheria.

Sebbene la Romania si fosse preoccupata fin dall’agosto di 1914 di conseguire una neutralità di fatto, le Potenze centrali sospettavano, del resto non a torto, che il governo rumeno stesse aspettando soltanto il momento giusto per un’entrata in guerra in favore dei presumibili vincitori. In particolare, durante la prima parte del 1916, il capo di Stato maggiore dell’esercito tedesco, Erich von Falkenhayn, aspettava quasi giornalmente la dichiarazione di guerra da parte della Romania. Le Potenze centrali elaborarono già in anticipo delle direttive per una campagna militare rivolta contro la Romania. Si partiva dal presupposto di un attacco principale portato dalle forze rumene contro la Transilvania che avrebbe dovuto essere bloccato, come anche di deboli combattimenti di natura difensiva nell’area del Danubio e della Dobrugia contro la Bulgaria che avrebbero dovuto essere contrastati mediante una rapida offensiva. Nonostante queste aspettative e i relativi preparativi per farvi fronte, l’entrata in guerra della Romania nell’agosto del 1916 rappresentò uno shock per le Potenze centrali che in quel momento non avevano più creduto nella possibilità di un tale evento e che le poneva in una situazione oltremodo precaria. Facendo ricorso a tutte le loro forze e mediante il ritiro di truppe da altri teatri di guerra, la campagna militare nei mesi successivi seguì, tuttavia, con molto successo la tattica elaborata precedentemente: sia per l’insufficiente preparazione degli ufficiali rumeni, sia a causa della scarsa dotazione di artiglieria e di infrastrutture, l’offensiva rumena contro la Transilvania, dopo iniziali successi, si arrestò rapidamente. L’offensiva tedesco-bulgara-turca in Dobrugia e la sua occupazione da parte dell’Armata del Danubio sotto il comando di August von Mackensen in combinazione con la controffensiva di Falkenhayn, ora Comandante in capo della 9 Armata, costrinsero rapidamente la Romania sulla difensiva. Nonostante l’inferiorità numerica e grazie alla tattica flessibile di condotta della guerra e sulla superiorità operativa, l’11 novembre ebbe successo lo sfondamento delle linee nemiche sul confine presso la Transilvania, in seguito al quale il fronte che correva lungo le locali catene montuose crollò dopo poche settimane. Nel mese seguente l’armata danubiana occupò sia la capitale romena, sia gli importanti campi petroliferi di Ploesti. Alla luce di ciò, pur non riuscendo ad accerchiare e distruggere l’esercito rumeno, più della metà della superficie del paese si trovava sotto il controllo delle Potenze centrali. I resti dell'esercito rumeno si ritirarono in Moldavia sul confine russo, dove si erano rifugiati anche il Re ed il governo. Lì si poté riorganizzare e insieme ai reparti dell’esercito russo costituì un nuovo fronte. Nonostante la difficile situazione, che peggiorò ulteriormente a causa della Rivoluzione di febbraio, lo sforzo di mobilitare la popolazione fu coronato da successo. In questo modo si riuscì a continuare a tenere impegnate sul fronte rumeno importanti forze delle Potenze centrali.

Ciononostante, con l’uscita dell’alleato russo dal conflitto, la Romania perse ogni prospettiva di vittoria. Due giorni dopo l’inizio delle trattative di Brest-Litovsk, il 7 dicembre 1917 fu concluso l’armistizio  di Focsani, cui  il 5 marzo  1918 seguì un trattato provvisorio e a maggio 1918 il Trattato di pace definitivo di Bucarest. La Romania dovette cedere i valichi carpatici all’Austria-Ungheria e parti della Dobrugia alla Bulgaria; inoltre, le Potenze centrali mantennero l’accesso alle risorse petrolifere rumene. Eccetto il fronte di Salonicco, il Trattato di pace portò alla Potenze centrali “una condizione di pace lungo tutto il nostro fronte orientale”, come si espresse in tono esultante la "Kronen Zeitung” illustrata  l’8 maggio 1918. Tuttavia, il Parlamento protrasse la ratifica del Trattato di pace e verso la fine della guerra la Romania entrò nuovamente in guerra. Alla fine, la Romania concluse la guerra in qualità di vincitrice: attraverso le acquisizioni territoriali confermati dai trattati di pace della Conferenza di Parigi il Regno di Romania divenne la cosiddetta Romania Mare (Grande Romania), 1919-1940).


Gallery

Ufficiali dell'esercito francese e rumeno [Le Miroir n. 160, 17 dicembre 1916]
Soldati Rumeni che avanzano [Le Miroir n. 160, 17 dicembre 1916]

Link

http://www.orizzonticulturali.it/it_interventi_Rudolf-Dinu.html
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/romania
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/carol_i_king_of_romania
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/war_in_the_balkans